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Immagine del redattoreMagMel

Sono l’Erede di una malattia e quindi uno sfigato – parte 1°

Dividerò questo post in due articoli, perché è un discorso abbastanza lungo e vorrei riuscire a spiegare bene tutto quello che esiste oltre a ciò che crediamo essere scontato. La vita è un continuo movimento energetico, un mutamento perpetuo. Tutto cambia e tutto può cambiare.


CHE SFIGA!

Dire che l’ereditarietà nella malattia non esiste è estremo e assoluto, quindi non mi piace e non lo dirò. Non dirò neanche, però, che credo di essere l’erede delle malattie/patologie dei miei familiari. È una cosa alla quale io non credo e, nonostante tutte le prove che la medicina ha voluto dare in base a questo argomento, non mi trova d’accordo. L’ho anche potuto constatare di persona. Questo non significa che dovete essere d’accordo con me, vorrei solo esporre il mio pensiero, e non significa nemmeno che non avrò gli stessi disturbi dei miei predecessori, ma qualora questi giungessero, la penserò diversamente e, tra un attimo, vi spiegherò come.


Se questa teoria me l’hanno voluta vendere come fondamento basilare del mio stato di salute, citando geni e cromosomi, non ho voluto comprarla. Perché dietro alla parola predisposizione si nasconde un meccanismo ben più profondo rispetto a ciò che si sfoggia in vetrina. È troppo comodo e troppo semplice dare una specie di colpa al DNA che, di conseguenza, include la conclusione Non puoi farci nulla, ma soprattutto è deleterio, in quanto mi rende schiava della sfiga, cioè di un qualcosa che non esiste. Schiava di un qualcosa che non esiste…


Schiava di una sfortuna… sono nata in quella famiglia lì, con quelle malattie lì… Ebbene, ho scelto il più possibile di non dipendere da niente e da nessuno, pertanto, non dipenderò neanche dai malesseri di genitori e nonni.

Ieri ho letto il commento di una donna - permettetemi di descriverla come dura e volgare - che, dopo aver letto un post su FaceBook inerente a questo discorso, ha proclamato: "Io ho l’ipertensione come mia madre e un sangue molto denso, mangio bene, eppure ho questa patologia. Il problema, quindi, è della mia mente? Ma non dite più ca@@@@e!".

Ovviamente, il commento era assai più feroce di così, ma non serve ch’io lo riporti. Il nesso è questo.


Ora, io comprendo questa donna, che in poche parole ha tradotto il pensiero di molte persone, ma vorrei scrivere due cose a riguardo.


UN PO’ DI ANALISI

La prima è inerente proprio alla sua risposta. A quel suo tono. A quel suo impeto.

Signora cara, si faccia due domande e si dia due risposte, se ha l’ipertensione… però è anche vero che non si può mica valutare una persona da un solo commento, visto che, magari, in quel momento il gatto le aveva appena fatto pipì sulle ciabatte. Andiamo alla seconda questione, quel: “io mangio bene”.


Perdonatemi, ora, se divento tagliente, ma l’ultimo che mi ha detto “io mangio bene” era convinto che la cucina calabrese di sua nonna (che adoro) fosse una cucina sana. Orsù! Il buono e il genuino sono una cosa, il sano è un’altra.

Un’antica riflessione orientale, appartenente alla Mecidina Tradizionale Cinese, afferma: Ciò che sporca il tuo piatto sporca anche i tuoi organismi. Osserva il piatto finita la pietanza e saprai regolarti.

Un conto è mangiare di gusto, un altro è mangiare i prodotti così come natura li crea, forse meno golosi per le papille gustative ma sicuramente meno dannosi per il corpo. E non sono qui a fare quella delle “due carotine scondite”. Io non mi faccio mancare niente, ma dobbiamo saper valutare. Inoltre, proclamare "io mangio bene", ingurgitando nel mentre: coloranti, conservanti, pesticidi, edulcoranti, etc… stona assai. Di questo non abbiamo colpe, ma possiamo evitarne molti, volendo. Detto questo, vorrei vedere come mangia la signora, figlia di una donna che avrà ben cucinato in un determinato modo nella sua vita e le avrà insegnato una determinata arte culinaria, la quale, probabilmente, tende a rendere il sangue un po’ poco fluido, ma soprattutto un pompare del cuore veloce e sofferente.


Dopo l’aver appreso la cucina di mamma, occorre anche vedere come mamma (o papà) ci hanno educato e modellato. Cioè plasmato a loro immagine e somiglianza.

Mi spiego.

Come dico sempre, ogni malattia arriva a noi per portarci un messaggio. In questo caso l’ipertensione, in ambito psicosomatico, significa reprimere le emozioni, avere un eccesso di emozioni dentro che si surriscaldano, trattenere ricordi/segreti che dopo molto tempo riescono ancora a emozionarci, in male o in bene. Non sarà difficile, quindi, capire che anch’io, come mia madre, vivo in questo stato d’animo.


Facciamo un esempio: se io, che ho un temperamento sanguigno, non ho mai potuto sfogare come avrei voluto le mie emozioni in famiglia, perché mi è stato impedito (dal momento che tutti gli stessi miei familiari lo facevano da sempre ed "era giusto così"), forse oggi ho qualche problemino. Identico al loro.

Vale anche, ahimè, se si decide di intraprendere la strada del tutto contraria ai genitori. Il punto di partenza è lo stesso, se l’emozione è la medesima.

Non dimentichiamoci nemmeno che i genitori, quando ci mettono al mondo, non ci danno solo il loro DNA e neanche solo tratti del loro carattere. Ci danno anche le loro emozioni e la loro ENERGIA. I loro flussi energetici.


Continuo qui: PARTE 2




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