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Immagine del redattoreMagMel

La Magia nell’antico Egitto

La parola egizia “Heka” viene tradotta oggi con il termine "magia", anche se indicava qualcosa di ben diverso da quello che intendiamo noi. Oggi, infatti, si tende a pensare alla magia come a qualcosa di negativo, ma essa per gli Egizi non era volta al male. La magia era parte integrante del pensiero religioso perché rappresentava l’energia impiegata dal dio primordiale per creare il mondo e mantenere l’equilibrio cosmico. Era una forza soprannaturale che tutti gli Dei possedevano, ma che in misura minore apparteneva anche ai sovrani e ai defunti e che poteva essere controllata ed evocata tramite formule, rituali o oggetti anche da persone comuni. Tale forza serviva per gestire alcune situazioni come quelle di passaggio (parto, nascita, malattia, morte…).


La magia, secondo gli Egizi, si fondava su tre principi: verità, realtà e ragione.

Il mago doveva allontanare la menzogna, il vero volto del male; doveva vivere “qui e ora” al servizio dei suoi fratelli umani; infine, doveva conoscere le leggi.


Per gli Egizi la magia era una realtà presente a tutti i livelli. I rituali erano magia cerimoniale, le preghiere erano formule magiche, l’iniziazione era un tentativo di penetrare i misteri della vita in tutte le sue forme e manifestazioni. Si desiderava essere iniziati non per diventare Dei, ma per ritrovare la scintilla divina senza la quale non si sarebbe stati che granelli di polvere caduti da una cometa impazzita.


Praticare la magia era ritenuto indispensabile ed era una pratica accessibile a chiunque. Nonostante ciò, essa veniva vissuta come una scienza sacerdotale i cui esperti erano sacerdoti chiamati Kheriheb.

Il Kheriheb è “colui che ha potere sulle feste“, ovvero delle ricorrenze che scandivano il corpo immenso della società egizia: feste dinastiche, festival di Dei, celebrazioni e festività legate ai cicli dell’agricoltura. Il Kheriheb, “lettore dei libri sacri“, conosceva le formule e istruiva i candidati all’iniziazione.


Secondo gli Egizi, la magia è la forza che regola le reciproche relazioni delle virtù superiori e il loro rapporto con l’uomo. Il vero signore di questo mondo è il mago che conosce le formule magiche alle quali tutto deve sottomettersi. Questo potere non è tirannico, ma altruista; il mago non mira ad affermare la propria potenza, ma agisce in modo impersonale, secondo il triplice scopo della magia operativa:

– soddisfare i legittimi bisogni della vita terrena (per esempio curando);

– preparare i vivi al loro divenire postumo, familiarizzarli con l’aldilà;

– comunicare con gli spiriti (o dèi) perché proteggano la Terra.


Per gli Egizi anche l’arte era una forma di magia, poiché era considerata un tentativo di infondere lo spirito nella materia. L’artista riproduceva per magia simpatica l’atto di Ptah, divino vasaio, fabbro e architetto, artefice della creazione.


La magia, dunque, permetteva di entrare in contatto con l’anima dell’universo che molte popolazioni hanno chiamato semplicemente “dio”. Gli Egizi, invece, usano la parola Neter, l’energia divina in azione.


I componenti essenziali dell’atto magico sono tre:

– la formula, che veniva recitata ed era un insieme significativo di suoni;

– il gesto, o rito, un insieme significativo di movimenti;

– l’oggetto materiale, l’insieme significativo di qualità intrinseche di una sostanza o di un miscuglio di sostanze.

Tutto questo si poteva chiamare magia, heka, ma questo termine va ben al di là della sua più comune definizione.

Heka era un dio, la personificazione di uno dei tre poteri del creatore dell’universo Ra-Atum. E, come dio, aveva un culto, un sacerdozio, una sede (Eliopoli) già nell’Antico Regno.

Ra-Atum aveva il potere di creare (Heka), quello di inventare una creatura semplicemente formulandone il nome (Hu = espressione creativa, logos) e l’intelligenza per strutturare e organizzare il tutto (Sia). Heka è antecedente a Hu, esiste da prima che Hu fosse emanato dalla bocca del Creatore, ma da solo non può realizzarsi. Viene attivato da Hu, la parola divina che crea le singole forme viventi e i singoli fenomeni dell’universo. Heka viene incanalato in ogni cosa, mantenendola in vita dopo averla creata, grazie a Hu. Tutto è permeato da Heka, quindi tutto vive, tutto è supporto di forze coscienti. Heka risiede anche nell’uomo; è in suo possesso e può aiutarlo a ottenere quelle cose che non può raggiungere con i mezzi normali. Heka è presente nella creazione dell’inizio del tempo, ma la creazione non è un evento singolo che ha dato la prima spinta a un moto perpetuo: è ciclica, deve essere riattivata ogni mattina; l’ordine cosmico, insieme con quello sociale che ne è una replica, deve essere costantemente difeso e garantito. Ecco allora che uomini e divinità si avvalgono di Heka per neutralizzare le forze distruttive, le negatività dell’universo cosmico e sociale.

Il fluido vitale

Per gli Egizi l’universo è un insieme coerente e la magia è la realizzazione della simbiosi tra gli elementi che compongono il Tutto (divinità, spiriti, stelle, pianeti, uomini). Questo Tutto è immerso costantemente in invisibili correnti di energia che gli Egizi chiamano fluido vitale. Il divino ha il potere di “lanciare il fluido” e l’umano ha il dovere di captarlo, di servirsene per entrare in armonia con l’ambiente che lo circonda. Il fluido vitale si materializza nella Vita eternamente rinnovata e nella Forza e nel potere dati dalla Conoscenza.

Il male Il male e la malattia sono un’interruzione del fluido vitale. Nel pensiero egiziano, bene e male non sono considerate forze antagoniste, ma due poli complementari: positivo e negativo. Il pericolo sta nella rottura dell’equilibrio che può generare la predominanza della negatività. L’errore può rivelarsi necessario per il progresso, ma deve essere eliminato al più presto. I momenti di passaggio, seppure inevitabili, sono critici dal punto di vista magico; il passaggio tra il giorno e la notte, tra un anno e il successivo, tra la vita e la morte, la salute e la malattia… i maghi avevano il compito di negoziare in questi momenti pericolosi e delicati.

La magia come arte La magia non è un gioco, non si improvvisa; essa è nel contempo una scienza e un’arte che si acquisisce con pazienza e umiltà. Essa consiste nell’integrarsi con l’universo e diventare permeabile per lasciarsi penetrare a ogni istante dall’invisibile fluido vitale. La magia si può definire come l’utilizzo sul piano fisico dei poteri psichici superiori e latenti presenti nell’uomo. In Egitto il mago e il medico non sono avversari, ma collaborano per stabilire un equilibrio tra il relativo e l’assoluto, tra il possibile e l’impossibile.

Il mago Il mago della Valle del Nilo è al servizio della preservazione dell’Ordine del mondo, la Maat. Ciò che egli apprende nel tempio si può riassumere in quattro verbi: sapere, volere, osare, tacere. Il mago è un guerriero che si batte contro la malattia e il male; egli attacca l’invisibile potenza che perturba un organismo, tenendo presente che bisogna curare la causa, non l’effetto. Egli fa voto di silenzio, non è tenuto a rivelare i segreti della sua arte; il segreto non serve a nascondere, ma preservare.

Le formule Il mago conosce e utilizza adeguatamente le formule. La formula è l’arma più antica del mago. La “Genesi di Ptah” a Menfi è il primo testo nella storia dell’umanità ad affermare che Dio creò il mondo in virtù del suo verbo. Appena nominate, le cose iniziarono a esistere. Il potere dei suoni è creatore e il mago, identificandosi con Dio, diventa a sua volta creatore. La formula può presentare aspetti diversi: – l’ingiunzione o comando; se essa si rivela inefficace, per scatenare la forza magica si può ricorrere alla minaccia. – la preghiera; è un atto di fede e di umiltà, suscettibile di toccare il cuore del dio. – l’affermazione di un principio permette di convincersi della riuscita dell’operazione.

Altri principi della magia Il mago, oltre alla conoscenza intellettuale, deve mettere in pratica anche i principi che gli sono stati insegnati: Principio di partecipazione: nell’universo tutto è collegato e il destino di un uomo non è estraneo al pianeta che ha presieduto alla sua nascita. Principio di solidarietà: rafforza il precedente. Tutte le parti del corpo umano sono collegate tra loro; se una parte non funziona, ne risente tutto l’insieme. Questo accade in ogni ambito, non solo nel corpo umano. Quando l’equilibrio si spezza, va ripristinato. Logica: l’universo e l’organismo ubbidiscono a un numero relativamente limitato di regole che seguono una logica magica. In sostanza “il simile attira il simile”: per fermare un’emorragia si annoda una corda, per far piovere si versa dell’acqua… Omeopatia: Anche qui “il simile attira il simile”. Gli Egizi avevano calendari dei giorni fausti e nefasti che scandivano l’anno: se un evento felice è accaduto in un giorno preciso, da quel momento quel giorno diventa propizio per la ripetizione di un evento analogo. Astrologia: è una scienza a servizio del momento magico. Gli Egizi avevano una concezione ciclica del tempo; l’astrologia offriva i periodi benefici dell’anno e quelli in cui, invece, bisognava essere più vigili. Grande importanza veniva data ai momenti di passaggio.

Diversi tipi di magia La magia in Egitto, a differenza di quella europea, non viene divisa in magia nera o magia bianca, ma in Ua o “magia inferiore”, ovvero quella del mondo fisico, della salute, del denaro e della fortuna, ed Hekau, o “magia superiore”, associata invece allo spirito. Le tipologie di magia utilizzate dagli Egizi sono queste: Magia scritta: era utilizzata sulle pergamene, sui testi sacri e sulle mura delle case. Magia delle parole: la parola nell’antico Egitto era considerata sacra e creatrice. La parola crea tutte le cose. I geroglifici erano chiamati medw neter, “parola del Dio”. Le parole, pronunciate nel modo giusto, generano un campo energetico/vibratorio; i suoni sono vivi, hanno potere vitale e trasformativo, incidono sulla realtà materiale e su quelle dei regni paralleli dei vari corpi. Quelle usate in magia, dunque, vengono definite Urt Hekau, “grandi parole di potere”. Le Urt Hekau sono scritte in lingua geroglifica sbait, ossia proveniente dalle stelle (sba = stella, porta; sbait = insegnamento, istruzione, ciò che viene dalle stelle). Magia simpatica: la parte influisce sul tutto, il simile attira il simile. Amuleti: largamente utilizzati per la protezione e per facilitare il viaggio del defunto verso l’aldilà.

Il rituale magico

L’evocazione degli dèi Il mago, oltre a essere terapeuta, può entrare in contatto con le divinità per esplorare il proprio spirito, per comprendere una situazione, trovare risposta a una questione o per proiettarsi nel futuro. Il rito di evocazione si compie in una stanza buia, sul tetto di una casa o in un luogo elevato e discreto. Viene coinvolto nel rito anche un giovane vergine, il mago si tinge la palpebra destra di verde e quella sinistra di nero, poi recita una formula per nove volte, dopo di che il dio è stato evocato e può parlare.


Fonti: Magia e iniziazione nell’Egitto dei faraoni, René Lachaud, Edizioni Mediterranee L’antica medicina egizia, Giuliano Imperiali, Xenia Edizioni.


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