Le emozioni sono motivo di dibattito dagli albori della filosofia. Rappresentare le
modalità in cui esse si manifestano negli individui può risultare complesso, ma è allo
stesso tempo un argomento di grande fascino per chi si occupa di psicologia e di ricerca
interiore.
Premettiamo che ognuno di noi è un essere unico e irripetibile e che racchiudere in
categorie i vari comportamenti umani non è l’intenzione di questo articolo.
Ciò che vogliamo esprimere può però essere semplificato tramite l’interpretazione di
alcune delle tendenze sviluppate dagli esseri umani per quanto concerne il loro modo di
vivere la propria emotività qui sulla Terra.
Esistono correnti di pensiero che potremmo definire “estremiste”, individui che
seguono quasi esclusivamente il flusso incontrollato delle proprie pulsioni per
tentare di vivere solamente di emozioni.
Sono coloro che facilmente diventano dipendenti dalle esperienze più o meno
estreme, vissute per il puro piacere di provare le sensazioni più disparate.
Spesso la loro massima ambizione è accumulare (compulsivamente) il maggior
numero e la maggior varietà di emozioni e a volte farne sfoggio con amici e
conoscenti.
Un esempio calzante è quello del protagonista del famoso romanzo di Jack
Kerouac:
“...per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi di
essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo
comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come
ragni traverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Ohhhhh.”
- Jack Kerouac - Sulla strada
E bruciare è un termine decisamente calzante.
Il fuoco generato da passioni estreme e l’insaziabilità di chi, dopo aver
soddisfatto un piacere, si mette subito alla ricerca del successivo, porterà
inevitabilmente l’individuo a scottarsi più e più volte fino a renderlo incapace di
governare se stesso e le proprie emozioni, perché completamente soggiogato e
dipendente da questo meccanismo. Questo è un atteggiamento evidentemente
fallimentare se fine a se stesso. Il corpo emotivo prende il sopravvento e
schiaccia qualsiasi capacità di autogestione di sé.
Il risultato è che la voce dell’anima si fa sempre più flebile ed eccetto rari casi di
risveglio improvviso a causa di un evento traumatico, l’individuo non riuscirà più a
percepirla.
All’altro estremo, esistono diversi credi religiosi che puntano alla disincarnazione
come massima realizzazione spirituale e per arrivare a questo “traguardo”, mettono
in atto rigide pratiche di umiliazione e mortificazione del proprio corpo, provando
anche a portare le proprie emozioni all’annullamento e, cercando di sostituire ciò
che ci è stato donato dalla vita con la meditazione e la preghiera assidua.
Questo comportamento porta inevitabilmente a rafforzare il giudizio nei confronti di
tutte le sensazioni fisiche e soprattutto di tutte le emozioni, che vengono quindi
additate come “inferiori”, “non degne”, “impure”.
E’ invece importante ricordare che tutto ciò che esiste ha il proprio sacro scopo: se ci
siamo incarnati sulla Terra con un corpo fisico e un corpo emotivo, è nostro indubbio
compito quello di imparare a utilizzare entrambi al meglio per il raggiungimento della
nostra missione divina. Non è certo con l’autofustigazione che raggiungeremo la
luce.
Bisogna perciò imparare a non confondere il sacrificio, sacrum facere, quindi l’agire
in maniera sacra - anche soffrendo molto - per arrivare al compimento della propria
missione divina, con la sofferenza gratuita, senza alcuno scopo se non quello di
credere (paradossalmente!) di arrivare all’illuminazione.
Chi prova a mettere in pratica atteggiamenti volti a non provare più emozioni sta
cadendo in un’illusione pericolosa, un tranello dannoso attuato dalla mente che
impedisce di sentire.
In quanto esseri umani, il centro emozionale è presente in noi a livello biologico, così
come lo è quello fisico. Le emozioni sono naturali, sono cariche energetiche, forze
spirituali. Non dobbiamo puntare a eliminarle, ma semmai a riconoscerne la carica, il
messaggio e il potenziale, trasmutandone così di conseguenza la sostanza.
Il sentire dell’Alchimista differisce da quello definito “comune”, non perché egli non provi
rabbia, tristezza, gioia o perché usa solo parole "luminose" come l'etichetta New Age
comanda. I suoi sono sentimenti che risiedono sempre più nel Cuore e nell’Anima, mano
a mano che procede nel cammino.
Per chi non svolge un lavoro continuativo e duraturo su di sé, invece, risiedono nel
corpo, nelle viscere, sono impulsi vitali, istinti dei quali – lo ripetiamo – non c’è NULLA di
sbagliato. Bisognerebbe semplicemente conoscerli e saperli rendere utili.
L’Alchimista sublima le emozioni, le vive e le percepisce dentro in modo differente, ma
questo non significa che le estirpi da sé. È vero che ci sono situazioni della vita che non
lo smuovono più dal suo centro, ma è bene fare attenzione a quando ci si lascia
scivolare tutto addosso pur di non sentire dolore, o se quella che si sta vivendo è vera
Centratura.
La mente è così brava ad architettare in silenzio i suoi inganni, che spetta a una parte
precisa di noi imparare a discernere. E quella parte ha poco di materico e molto di
sottile.
C’è poi chi intraprende percorsi di ricerca interiore e spirituale e si trova nella fase
del Risveglio. A volte, coloro che intraprendono questi percorsi sono allarmati da
ciò che, di primo acchito, è definito cinismo.
I retaggi di un’educazione che non contempla l’indifferenza e che alimenta
preoccupazione hanno radici profonde che, quando vengono tranciate, ci fanno
percepire avulsi dalla realtà. Ma questo non ha necessariamente un risvolto
negativo.
Può quindi succedere che ci si trovi di fronte a una situazione affrontata già
decine di volte nella propria vita con preoccupazione o tristezza, come per
esempio venire a conoscenza di cattive notizie e che si reagisca con
sorprendente distacco.
Quando non si è consapevoli di sé e del mondo, si tende a enfatizzare la
preoccupazione. Più la si nutre, più si ha la coscienza pulita. Si è fatto ciò che
società/cultura/educazione comandano: ci si allarma. Se non lo si fa, si è
menefreghisti ed è inaccettabile. Se non ci si comporta come la massa, non si è
amati, si è fuori dalla coltre di oppressione, e quindi si è soli.
Più ci si dispera, più si è socialmente accettati. Basti pensare che un tempo,
nell’Italia del Sud, venivano retribuite delle donne per piangere quando moriva
qualcuno e rimarcare il dolore di quella perdita. Più la persona era importante, più
Piangine si assumevano.
Le emozioni nascono dalla mente: al nostro cervello possiamo far credere e far
prendere per vero ciò che vogliamo, nel bene e nel male. Vale anche per ansia e
preoccupazione.
Con i percorsi di Risveglio e durante quella che viene definita una Rinascita, certe
memorie vengono disgregate. Ci si distacca dai canoni sociali e dall’ascendente
che hanno su di noi. Interiormente, costruiamo qualcosa di nuovo e nobile, e
dolore, ansia, frustrazione trasmutano in Sacra Accettazione.
Agli occhi di chi non comprende questo cambiamento si appare indifferenti,
insensibili.
“Perché non sto male come in passato per questo evento?” ci si chiede.
Ma oltrepassato lo shock iniziale, si avvertono l’apertura di Cuore e la
consapevolezza profonda del perché di quell’evento apparentemente scomodo,
disturbante.
È così che si diviene in grado di essere utili al prossimo, di sviluppare l’Empatia sana, il
Sacro Distacco, la Compassione e l’Amore atti all’aiuto di chi si ha di fronte e di se
stessi.
Dopo aver illustrato separatamente, per facilitarne la comprensione, alcune modalità di
gestire la propria emotività, vorremmo porre l’accento sul fatto che in realtà nulla è separato,
che tutto è sempre parte dell’uno e che anche in questo caso un mago alchimista è in grado
di unire e trarre un prezioso insegnamento da ogni modalità.
Né il fuoco di chi si abbandona alle passioni, né la rinuncia di chi ambisce all’”illuminazione
rapida” è di per sé sbagliato o negativo. L’armonia è l’incontro degli opposti, è il principio
dell’universo, ben espresso dal simbolo del tao, dove lo yin, il femminile, il nero incontra lo
yang, il maschile, il bianco e i due formano l’unione perfetta.
Se ben sviluppata e non portata a eccessi o a estremismi, ogni attitudine insita nell’essere
umano, anche quella apparentemente più distruttiva, è preziosa, perché racchiude il
potenziale necessario per sviluppare qualità superiori e per portare un individuo alla sua
completa realizzazione.
Così com’è importante mantenere equilibrio e armonia corpo-spirito, quindi non tralasciare o
addirittura umiliare il corpo fisico a favore dello spirito, è importante ricordare che anche le
emozioni fanno parte di questa associazione. Proviamo emozioni perché abbiamo un corpo
emozionale, ma abbiamo un corpo emozionale perché siamo incarnati, ovvero perché
abbiamo un corpo fisico. Quando prestiamo attenzione, possiamo percepire le emozioni a
livello fisico a volte addirittura concentrato in punti specifici del nostro corpo.
E’ amando il nostro corpo fisico, nella sua forza e nella sua debolezza, amando le nostre
emozioni, negative, positive, distruttive o edificanti, che veramente riconosciamo la nostra
natura divina e ci prepariamo sempre più a far fuoriuscire quella luce che già risiede in noi.
Ed è restando nella Centratura offerta dal lavoro interiore che si può Servire davvero,
come fa ogni Mago.
Impariamo a riconoscere ogni emozione e ogni attitudine come dono divino e
ringraziamo di essere nati proprio così; solo in questo modo potremo creare solide radici
per una crescita costante e una piena realizzazione della nostra missione divina.
Ph filastrocche - umutbayraktar - shaumbramionblog - tipomagazine - manuelamuroni - wakeupworld - sebirblu
Comments