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Guarire con la Natura

Aggiornamento: 14 giu 2022

Andare nel bosco, soprattutto per chi segue una spiritualità legata alla Natura, rappresenta spesso la panacea di tutti i mali. Entrare nel fitto arboreo consente di rilassarsi, di godere di una bellezza che in città non si riesce a percepire e di sentirsi in pace con se stessi, finalmente.

Se da una parte è vero – ed è stato dimostrato – che il corpo umano, camminando nella natura, si rigenera permettendo alle negatività di affievolirsi, dall’altra vorrei puntare i riflettori su altri due aspetti ai quali forse si pensa di rado.

passegiata nel bosco

1. Se percepisci la Bellezza, la Pace e l’Armonia di un luogo, significa che quelle stesse qualità che attribuisci a qualcosa di esterno (il bosco, in questo caso) rappresentano in verità qualcosa che hai dentro, tant’è vero che le senti, in quel momento sono emozioni tue. La Natura non sta facendo nulla per farsi notare da te, non sta sparando fuochi d’artificio per te: semplicemente è. Esiste. Sei tu, apparente spettatore di quella meraviglia, a stupirti di ciò che ti circonda; e quello stupore è tuo, risiede nelle tue cellule, non in quelle degli alberi, delle felci e degli uccelli che cinguettano intorno a te. Sei tu a riempirti i polmoni di bellezza, la natura circostante non ti sta dimostrando niente; lo splendore che vedi è una tua produzione mentale ed emotiva, lo dimostra il fatto che non tutti amano la sensazione di apparente solitudine che si prova in una foresta, qualcuno ne è addirittura spaventato. Il tuo sentire, dunque, è solo tuo, ti appartiene, e perciò non è attribuibile all’evento esterno a te (ovvero la bellezza della natura): stai solo percependo un’armonia che già ti appartiene ma che fatichi a vedere in te stesso/a altrimenti.


2. Rifugiarsi nei boschi (o in qualsiasi altro ambiente naturale diverso dalla realtà cittadina e metropolitana) non significa vivere la propria spiritualità in maniera profonda. Sentirsi bene solo quando si è in mezzo alla Natura non è un bene, ma rappresenta un nuovo attaccamento al quale ci aggrappiamo per non vacillare, per non impazzire, per non vedere quanto ci stia stretta una realtà che non ci appartiene (o almeno così crediamo). La bellezza del bosco e la bruttura della città ci appartengono, per questo vanno amate entrambe. Non serve a nulla rifugiarsi tra le braccia della natura una volta a settimana se si vive con malcontento la propria vita quotidiana urbana. La spiritualità, quella vera, aiuta a vedere le cose in modo differente e insegna a stare bene in qualsiasi situazione. Il rapporto che si viene a creare tra noi e il bosco è qualcosa di assai simile alla dipendenza e, sebbene Madre Natura sia un’ottima guaritrice, non può fare il lavoro al posto nostro.

città

Dette queste premesse, veniamo al nocciolo della questione.

Da qualche anno a questa parte l’atto di abbracciare gli alberi è divenuto una vera e propria moda. Si abbracciano gli alberi per ricevere la loro energia positiva, per scaricare tensioni, per sentirsi improvvisamente parte del Tutto, come se il tronco ruvido e legnoso potesse infonderci di Grazia Divina e illuminarci all’improvviso. Di tutto questo ha già parlato Meg, in un articolo che vi lascio qui (Abbracciare alberi – dubbi e perplessità), così da non ripetermi sull’argomento. Questa usanza ormai molto diffusa ha in verità delle radici lontane, che credo affondino nello Sciamanesimo, e vorrei scendere nei particolari di questo fatto, proprio perché credo ci sia un po’ di confusione sui poteri curativi di Madre Natura, o meglio, sul nostro appoggiarci a essi senza il giusto criterio trasformandoci in veri e propri vampiri energetici, nonché sulla consapevolezza che dovremmo maturare in quanto esseri umani.

natura

Leggendo testi di tradizioni antiche legate per l’appunto allo Sciamanesimo o alla cultura popolare, si legge spesso che un tempo, per guarire da un male, i guaritori o gli sciamani operavano in modo di trasmettere il malessere o la malattia a un elemento naturale: una roccia, un albero, un ruscello, la terra… Attraverso un rituale, dunque, il male veniva estirpato dal corpo del malato per poi essere affibbiato all’elemento naturale scelto, affinché non tormentasse più l’uomo.

Queste pratiche sono rispettabili e accettabili in un contesto umano differente dal nostro, in epoche in cui l’essere umano non aveva raggiunto la consapevolezza del presente. Eppure c’è chi le pratica ancora oggi, senza considerare i secoli di evoluzione spirituale e intellettuale che ci separano da tali (bellissime e preziose) culture.

Affibbiare le proprie negatività a un albero, se visto con un’attenzione all’energia cosmica che tutto permea, non rappresenta un bene per la pianta… e non vale il discorso “meglio a un albero che a me”. Sull’argomento malattia ci sarebbero fiumi d’inchiostro virtuale da versare, ma non è questo l’articolo giusto per farlo e non sono la persona più competente per parlarne al momento, tuttavia va detto che far fluire i propri problemi, siano essi fisici, emotivi o mentali, a una pianta/roccia ecc. non ci liberi effettivamente da essi.

prayer meditation nature.jpg

La mente ci porta a credere che con una semplice meditazione in natura possiamo sentirci effettivamente alleggeriti e il nostro umore ne esca risollevato, tuttavia è solo il vero e duro lavoro interiore a far guarire l’emozione che ci tormenta o il male che ci affligge nel corpo fisico. Credere che abbracciare un albero, toccare la terra, tenere in mano una pietra o mettere un piede nell’acqua di un ruscello con atteggiamento di aspettativa ci rinfranchi è una pura illusione mentale. Con questo non voglio sminuire né denigrare gli effettivi poteri curativi di Madre Natura né affermare che queste pratiche siano inutili, ma a mio parere andrebbero sempre accompagnate a un serio lavoro su di sé. Dare la vostra rabbia a un sasso non estirperà il seme di questa emozione negativa dentro di voi: in quel momento vi sentirete alleggeriti da essa, ma al primo momento utile quella rabbia si ripresenterà e con il conto salato, anche.

Senza contare che, a livello energetico, tutto questo non fa che inquinare ulteriormente l’ambiente naturale, anche se lo fa con energie sottili che non vediamo e non tocchiamo con mano. Parliamo tanto di inquinamento ambientale e atmosferico, ma ci curiamo troppo spesso solo dell’aspetto materiale (che comunque è sacrosanto), senza prendere minimamente in considerazione lo tsunami di spazzatura mentale ed emotiva che in ogni secondo riversiamo sulla Terra. Se tutto è Energia e se l’Energia fa parte di noi e di tutto il Creato, ciò che emano quando siamo vicino a un albero verrà percepito e recepito dall’albero stesso. E quell’Energia intaccherà la pianta, anche se non possiamo sapere in che modo. Per approfondire questo argomento, mi riallaccio al mio vecchio articolo “Fitoterapia energetica, memoria dell’acqua e pensiero positivo“, insieme ai numerosi esperimenti di Masaru Emoto.

natura guaritrice

Ne deriva, dunque, che l’atteggiamento con cui dovremmo entrare in un bosco e interagire con i suoi elementi è quello di offerta di noi stessi, di generosità e abbondanza da condividere con i suoi esseri viventi, non di pesantezza. Non dovremmo andare in natura sperando di “prendere” l’energia positiva del luogo, ma con l’intento di “dare” ciò che di buono c’è in noi a quel luogo ameno al quale siamo tanto grati. Solo a chi sa offrire incondizionatamente – senza aspettarsi nulla in cambio – la Natura e l’Universo potranno restituire l’offerta fatta triplicata e in abbondanza. Per la ormai conosciuta Legge del Tre (a ogni azione torna indietro tre volte il bene e tre volte il male, tuttavia non bisogna fare del bene nell’attesa di una ricompensa), va da sé che ponendoci invece nell’atto di aspettarci qualcosa da ciò che ci circonda non faremo altro che ricevere quell’aspettativa triplicata, il che equivarrebbe esattamente… ad aria fritta.

In conclusione, ogni pratica antica racchiude una grande e preziosa saggezza, che è bene riconquistare. A parer mio, però, bisognerebbe portare l’antica spiritualità su un’ottava più alta, farla evolvere, darle una spinta di crescita tenendo sempre ben presente il punto di partenza: noi stessi.

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